Jeremy Rifkin
scrive questo libro nel 1992, quando già da un ventennio i bovini d'allevamento vengono
nutriti con farine animali, pratica che sarà la causa della diffusione del morbo della
BSE. La Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti ha deciso di sospendere l'uso
di farine animali solamente nel 1997, cioè quattro anni dopo l'allarmante petizione degli
avvocati della FET (Foundation on Economic Trends) per la messa al bando delle farine
animali per i ruminanti. Le grandi industrie produttrici di carne hanno nutrito i bovini
per anni con i resti delle carcasse di animali della stessa specie già malati e con
carcasse di pecore malate di scrapie ( malattia simile alla BSE), trasformando pacifici
ruminanti in cannibali.
Gli allevamenti intensivi
Il consumo di carne bovina incrementa, al giorno d'oggi, una serie di problemi,
dall'inquinamento, alla distruzione delle foreste e alla povertà delle popolazioni del
terzo mondo. Infatti la popolazione bovina è composta da ben un miliardo e duecentottanta
milioni di esemplari ed occupa il 24 per cento della superficie mondiale.
In "Ecocidio" viene descritta la vita dei bovini all'interno degli allevamenti
intensivi: ai tori viene praticata un'operazione per deviare loro il pene, in quanto la
loro funzione è solo quella di far individuare le femmine in estro (il toro lascia sul
dorso della femmina un marchio colorato con un tampone che gli viene applicato
sull'addome) da inseminare artificialmente. I vitellini appena nati vengono subito
castrati, gli vengono tagliate le corna e dopo pochi giorno vengono trasferiti negli
allevamenti intensivi. Qui vengono loro somministrati diversi farmaci che consentono una
crescita più rapida dell'animale, ad esempio steroidi anabolizzanti, estradiolo,
testosterone e progesterone. Gli ormoni favoriscono la crescita dei tessuti muscolari e
della massa adiposa, gli steroidi anabolizzanti accelerano l'aumento del peso e la resa
energetica del mangime. La reazione del sistema immunitario umano all'assorbimento di
queste sostanze, attraverso il consumo della carne, è quella di diventare meno sensibile
a questo tipo di farmaci e quindi di essere più esposto agli attacchi delle infezioni
batteriche.
I bovini ingeriscono grandi quantità di pesticidi utilizzati per la coltivazione del mais
e della soia, base dell'alimentazione degli animali d'allevamento. Rifkin riferisce che
"secondo il National Resarch Council della National Academy of Science, la carne
bovina è al secondo posto, dopo i pomodori, fra gli alimenti che aggravano il rischio
d'insorgenza di malattie degenerative a causa di contaminazione da erbicidi e il terzo per
contaminazione da insetticidi".
Per ridurre i costi e far ingrassare gli animali più rapidamente alcune industrie
addizionano i mangimi con sterco di polli e maiali e con rifiuti industriali e oli
esausti, mentre si sta studiando il modo di nutrire i bovini con carta e cartone.
Raggiunto il peso di 500 kg i vitelli devono affrontare lunghi viaggi, senza soste,
nutrimento e acqua, al termine dei quali giungono ai mattatoi. Appena entrati i vitelli
vengono uccisi con delle pistole pneumatiche, sollevati meccanicamente dal pavimento e
appesi a testa in giù. Tagliata la gola, l'animale viene scuoiato e decapitato. La
carcassa viene lavata con un getto d'acqua tiepida e conservata per 24 ore nella cella
frigorifera. Il giorno dopo i macellai tagliano la carcassa in filetto, spalla ecc..
Un po' di storia
I primi bovini vennero addomesticati in Mesopotamia per i sacrifici e le cerimonie
religiose. Il termine Italia significa "terra delle vacche". Il legame
bovino-uomo è sempre stato forte.
Singolare è il rapporto degli indiani con le vacche. Secondo l'antropologo Marvin Harris,
in India, dopo il 600 a. C., i signori ariani, che avevano sottomesso le popolazioni
indigene, cominciarono ad avere qualche problema nel procacciare carne sufficiente per
nutrire l'intera popolazione in forte crescita. I pascoli si convertirono in colture di
cereali, miglio e legumi e gli indiani, non potendo permettersi di mangiare l'unica fonte
di energia motrice, si avvicinarono al buddismo che propugnava il rispetto di tutti gli
esseri viventi. I buddisti si opponevano alle macellazioni rituali amministrate dai
bramani e a qualsiasi forma di uccisione animale. Gli indù andarono oltre venerando le
vacche e costruendo ricoveri per quelle troppo deboli per vagabondare per le strade. Dice
Rifkin: "le vacche coprono la quasi totalità del fabbisogno lattiero e caseario del
paese". Lo sterco prodotto dalle vacche indiane serve come fertilizzante e, bruciato,
per la cottura dei cibi. L'industria indiana della pelletteria è la più grande del
mondo. I bovini non entrano in competizione con la popolazione indiana per quanto riguarda
i prodotti della terra perché si nutrono prevalentemente di steli, fogliame e rifiuti
domestici. Il complesso bovino indiano è riuscito a rafforzare sia l'aspetto sacro sia
quello profano del rapporto uomo-bovino. Un indiano su otto vive per e per mezzo di un
bovino.
Finché non migliorarono i mezzi di trasporto (nella seconda parte del diciannovesimo
secolo), consentendo l'arrivo di grandi quantità di carne provenienti dal nord e
sudamerica, la popolazione europea riuscì a mangiare carne con grandi difficoltà.
Nel sedicesimo secolo gli spagnoli esportarono il complesso bovino iberico in America,
confiscando le terre alle popolazioni indigene e introducendo i bovini in Florida,
Argentina, Brasile e Paraguay. Gli indios vennero trasformati in mandriani e flora e fauna
locali completamente modificate. Effettivamente nel '500, l'allevamento dei bovini in
Spagna aveva provocato un processo di desertificazione tale per cui il settore era entrato
in crisi. Le vastissime praterie americane furono l'ideale per soddisfare le crescenti
richieste europee di carne.
Nella seconda parte del diciannovesimo secolo, gli inglesi iniziarono ad invadere le
praterie americane ed avevano già il primato di più grandi mangiatori di carne. Dice
Rifkin: "nel 1726, a Londra, per il solo consumo locale, si macellavano una media di
100.000 capi di bestiame l'anno."
Furono gli inglesi a preferire la carne grassa a quella magra e questo cambiamento
provocò il trasferimento di gran parte della produzione cerealicola mondiale dall'uomo
agli animali. Al giorno d'oggi un terzo della produzione mondiale di cereali è destinata
ai bovini e ad altri animali d'allevamento, con consistenti danni alla società e
all'ecologia moderna.
Alla fine del diciannovesimo secolo, l'invasione del West americano si rivelò molto
favorevole per il mercato della carne e portò all'eliminazione del bisonte (furono
organizzate campagne di sterminio di quest'animale) e degli indigeni (che si nutrivano dei
bisonti) per far spazio ai bovini.
Gli Stati Uniti, nel 1920, fatturavano, con la produzione di carne rossa, 4,2 miliardi di
dollari. L'invenzione del nastro trasportatore, alla fine del diciannovesimo secolo, venne
incontro alla necessità di velocizzare la macellazione animale. Tante invenzioni nella
progettazione industriale furono sperimentate nei macelli. Henry Ford avrebbe ricordato:
" L'idea della catena di montaggio automobilistica mi era venuta in linea generale
dai carrelli sopraelevati che si usano nei mattatoi di Chicago per la lavorazione della
carne". La vita nei mattatoi di Chicago venne descritta, nel 1904, dallo scrittore
Upton Sinclair; ne "La Giungla" egli scrisse che "tutte le volte che
avanzava carne troppo guasta da poter essere utilizzata altrimenti, era uso comune
inscatolarla o trasformarla in salsicce. Non c'era la minima attenzione per quel che
veniva tritato per essere insaccato come salsiccia: dall'Europa, tornavano indietro
vecchie salsicce rifiutate in quei paesi, ormai bianchicce e muffite, che (trattate con
boracce e glicerina, e rovesciate nei recipienti) venivano riciclate per finire sulla
tavola di migliaia di famiglie americane. S'usava la carne caduta per terra, su quel
pavimento pieno di sporcizia e segatura, su cui i lavoratori camminavano e sputavano
miliardi di bacilli di tubercolosi; s'usava la carne ammucchiata negli stanzoni, sulla
quale non aveva smesso un attimo di sgocciolare l'acqua del soffitto pieno di crepe, su
cui centinaia di topi non avevano smesso un attimo di correre. Era troppo buio per
riuscire a vedere bene, in quegli stanzoni, ma bastava passare la mano sui mucchi di carne
per raccogliere manciate di escrementi secchi di topo. I topi erano una grossa scocciatura
e i conservieri avevano dato disposizione perché venissero sparsi bocconi avvelenati: gli
animali li mangiavano, morivano e poi le carcasse dei topi, il pane avvelenato e la carne
finivano tutti insieme nei recipienti per la triturazione".
Negli anni '60, ben ventidue stati della federazione americana non avevano ancora imposto
ispezioni sugli animali d'allevamento, pre o post mortem, e il mancato rispetto delle più
elementari norme igienico- sanitarie era la regola. La National Academy of Sciences
scrisse una relazione, nel 1985, con la quale avvertiva che le procedure federali
d'ispezioni erano totalmente insufficienti per proteggere le persone dalla diffusione di
malattie trasmesse attraverso il consumo di carne. La NAS raccomandava di ricorrere a
tecnologie più moderne per ridurre la presenza di agenti infettivi. Tali raccomandazioni
non sono state ascoltate, lo USDA e diversi produttori di carni stanno sperimentando un
nuovo processo di controllo (Streamlined Inspection System) con il quale si eliminerebbe
quasi totalmente la presenza dell'ispettore federale delle carni. Con questo nuovo sistema
le carcasse sono controllate dai dipendenti della società che gestisce il macello. Si
tratterebbe di controlli a campione. Gli ispettori federali hanno criticato questo sistema
in quanto trascurerebbe il fatto che i bovini non sono prodotti in serie e non possono
essere sottoposti a controlli campionari per verificare l'assenza di difetti di
fabbricazione.
Con il SIS (Streamlined Inspection System) gli ispettori non possono più toccare
l'animale per verificarne lo stato di salute, ma possono solo osservarlo da circa cinque
metri di distanza, da dietro un vetro.
Anche il Centro America, dopo la seconda guerra mondiale, è stato trasformato in pascolo,
a danno della foresta pluviale amazzonica. Ultimamente paesi come il Messico stanno
subendo questa nuovissima forma di sfruttamento coloniale: grandi estensioni di terre
destinate al pascolo del bestiame per il mercato statunitense. In Messico, dove milioni di
persone soffrono di denutrizione cronica, almeno un terzo della produzione cerealicola è
destinata all'alimentazione animale, mentre i piccoli contadini si ritrovano senza
risorse.
Le vacche sono ormai ovunque. Un quarto delle terre emerse è utilizzato per nutrire il
bestiame. I bovini vengono nutriti a cereali per il consumo di carne da parte di pochi
privilegiati, nel momento in cui milioni di persone non dispongono della quantità di
calorie necessaria alla sopravvivenza. Secondo Rifkin, questa è una delle questioni più
critiche con cui si deve confrontare la civiltà contemporanea.
La bomba demografica
200 anni fa Thomas Malthus prevedeva che, a causa dell'incessante crescita della
popolazione, le risorse del nostro pianeta sarebbero diventate insufficienti. L'economista
inglese affermava che la terra non riesce a produrre abbastanza per essere di pari passo
con la crescente popolazione mondiale; questo perché la popolazione, senza un controllo,
aumenterebbe in progressione geometrica, mentre la terra coltivabile aumenterebbe in
proporzione aritmetica. Secondo Malthus, la pressione demografica porta all'esaurimento
della produttività della terra, con la conseguenza di una maggiore erosione dei suoli,
della crescita della fame nel mondo e delle pestilenze. Questo processo avrebbe fine solo
nel momento in cui si ristabilisse un equilibrio tra uomini e risorse naturali.
Le innovazioni agricole hanno evitato, per un certo periodo, la concretizzazione delle
previsioni maltusiane, ma recentemente la popolazione è ulteriormente aumentata e ci si
aspetta che nei prossimi cinquant'anni raddoppi. Il saggio sulla popolazione di Malthus è
molto attuale perché i timori riguardo alla capacità della terra di nutrire, nei
prossimi anni, una popolazione così numerosa si sono rafforzati. Anche la dichiarazione
congiunta degli scienziati della National Academy of Sciences e della American Academy of
Arts and Sciences ( nel 1988) avverte delle terribili conseguenze della crescita della
popolazione mondiale e del simultaneo deterioramento dell'ambiente:
"L'arresto della crescita demografica dovrebbe essere, per l'uomo, di importanza
secondaria solo alla prevenzione di un conflitto nucleare. Sovrappopolazione e rapida
crescita demografica sono intimamente connesse con la maggior parte dei problemi che
caratterizzano l'attuale situazione dell'umanità, quali il depauperamento delle risorse
naturali, il deterioramento dell'ambiente (che comporta rapidi cambiamenti climatici) e
l'aumento delle tensioni internazionali." (dichiarazione rilasciata il 3 settembre
del 1988 alla Pugwash Conference on Global Problems and Common security, a Dagomys, URSS)
Oggi le popolazioni ricche dell'Europa, del Nordamerica e del Giappone, al vertice della
catena alimentare, stanno divorando le ricchezze del pianeta attraverso il consumo di
carne di bovini ingrassati a cereali. Per fare un chilo di carne di manzo all'ingrasso ci
vogliono nove chili di mangimi . Solo l'11 per cento del mangime produce carne , mentre il
resto viene bruciato, dal bovino, come energia per il processo di conversione e per il
mantenimento delle normali funzioni vitali, o espulso, o assorbito da parti del corpo che
non si mangiano (peli e ossa).
La fame è un imbroglio dei carnivori...
L'economista Frances Moore Lappè ha calcolato che l'allevamento bovino, nel 1979 ha avuto
la necessita di 124 milioni di tonnellate di cereali e soia, l'equivalente di una ciotola
di cibo per ogni essere umano del pianeta per un anno. Tra l'altro Lappè nota che un
ettaro di terreno coltivato a cereali produce cinque volte di più proteine di un ettaro
coltivato per l'alimentazione animale.
Nel mondo due uomini su tre seguono una dieta vegetariana. Un asiatico adulto consuma
130-180 chilogrammi di cereali nell'arco di un anno, mentre un americano di classe media
ne consuma più di una tonnellata, di cui l'80 per cento attraverso il consumo di carni di
animali alimentati con i cereali.
Secondo Rifkin, ci stiamo preparando ad una crisi alimentare mondiale, dovuta al fatto che
la popolazione umana è in costante aumento e un terzo della produzione di cereali è
destinata all'alimentazione degli animali d'allevamento. Dice Rifkin: "I consumatori
di carne sono troppo distanti dagli aspetti più brutali del complesso bovino, per vederli
e per preoccuparsi degli effetti che le proprie preferenze alimentari hanno sulle vite
degli altri e sui rapporti politici fra le nazioni".
...che fanno del male anche a se stessi!
La comunità scientifica e la classe medica,dopo anni di ricerche e di studi, stanno
mettendo in guardia sui rischi di un eccessivo consumo di grassi animali.
Una dieta ricca di carne aumenterebbe il rischio di malattie quali tumore, diabete e
patologie cardiovascolari.Il colesterolo, trasportato dal sangue, viene depositato nelle
cellule delle pareti di arterie e cuore e si accumula sotto forma di placca, creando
strozzature al flusso di sangue e aumentando, il rischio di infarto cardiaco, cancro e
ictus. Esisterebbe anche una correlazione tra consumo di carni rosse e cancro del colon e
tumore mammario nelle donne. La Nation Academy of Sciences raccomanda agli americani di
ridurre di almeno il 12 per cento l'assunzione di proteine, dando priorità a quelle
vegetali.
Il disastro ambientale provocato della carne
Nel mondo un miliardo di persone mangiano troppo, un altro miliardo sopravvive tra mille
stenti e tre miliardi e mezzo di persone oscillano tra salvezza e dannazione.
In America latina, ad esempio, una persona su otto non riesce a sopperire giornalmente
alla propria sussistenza. E mentre milioni di giovani americani lottano contro il peso in
eccesso, 40-60 milioni di persone muoiono di fame o di patologie dovute alla denutrizione.
Questi problemi dovuti al consumo di carne potrebbero già essere sufficienti per un
ripensamento sulla necessità di quella che Rifkin chiama "cultura della
bistecca"; ma purtroppo non sono i soli.. Il complesso del manzo globale sta mettendo
in discussione la possibilità di sopravvivenza dell'ecosistema terrestre e della
biosfera.
Nelle regioni temperate i bovini sono i principali responsabili dell'erosione del suolo,
sono responsabili della distruzione delle foreste pluviali, dell'inquinamento organico
(attraverso il letame) e del riscaldamento del pianeta..
Negli ultimi due secoli l'uomo ha distrutto più della metà della biomassa tropicale. Nei
sistemi ecologici tropicali vivono il 50 per cento delle specie viventi della terra e
quasi un quarto di tutti i farmaci derivano da piante tropicali. Si stima che per ogni
hamburger di carni provenienti dal Centro e dal Sudamerica, siano stati distrutti 75
chilogrammi di forme viventi.
I bovini, eliminando la copertura vegetale, lasciano le altre specie animali senza cibo
né riparo. Per lasciare spazio ai bovini nei territori occidentali degli Stati Uniti sono
stati uccisi milioni di predatori , favorendo l'invasione di cavallette, locuste,
formiche, ecc. La reazione è stata quella di approvare l'uso massiccio di insetticidi,
pratica che ha indebolito ulteriormente l'ecosistema e favorito la desertificazione.
Secondo un rapporto redatto nel 1991 dalle Nazioni Unite, quasi 270 milioni di ettari
dell'Occidente americano sono degradati a causa della presenza dei bovini.
In nessun altro luogo il problema del pascolo dei bovini è grave come in Africa: milioni
di ettari di terre vergini vengono inghiottite ogni anno dal processo di desertificazione.
Al giorno d'oggi più del 50 per cento dell'Africa orientale è riservata al pascolo dei
bovini.
Il deserto del Sahara si muove verso sud divorando 48 chilometri l'anno e vaste regioni
vengono spogliate di flora e fauna a causa dell'eccessiva attività di pascolo.
L'allevamento bovino causa problemi anche per quanto riguarda l'abbassamento delle falde
acquifere. Quasi la metà dell'acqua consumata negli Stati Uniti serve a dissetare i
bovini e le attuali normative tributarie incentivano agricoltori e allevatori a pompare
acqua dalla falda acquifera sotterranea.
Gli allevamenti intensivi sono una pericolosa fonte di inquinamento organico, perché un
manzo produce giornalmente circa 20 chili di sterco e in un allevamento medio ci sono
circa 10.000 capi, per un totale di circa 200 tonnellate di sterco al giorno; l'azoto
dello sterco si trasforma in ammoniaca e nitrati che contaminano l'acqua potabile.
Il complesso bovino mondiale contribuisce anche alla produzione di gas serra, quindi al
riscaldamento del pianeta. La sola energia consumata per produrre i mangimi contribuisce
significativamente all'emissione di gas serra. Si calcola che per il fabbisogno annuo di
una famiglia di quattro persone servono più di 1100 litri di combustibili fossili, con un
rilascio di 2,5 tonnellate di anidride carbonica. Le foreste tropicali, bruciate ed
abbattute per far posto ai pascoli, emettono anidride carbonica e metano. Con gli attuali
ritmi di emissione di gas serra, la temperatura sulla superficie della terra potrebbe
aumentare, nei prossimi 50 anni, di 2,2-5 gradi Celsius. Città come New York e Boston
potrebbero avere, nel 2030, un clima tropicale e numerose terre e isole sarebbero
cancellate dall'innalzamento del mare, creando una nuova massa di profughi.
Un' inconsapevole connivenza con le multinazionali
L'uomo moderno ha eretto una serie di barriere che lo separano dall'animale di cui si
nutre. I macelli si trovano alla periferia di piccoli centri. Sono cambiati anche i
termini e un giornalista della rivista britannica "Meat Trades Journal"
proponeva di sostituire il termine macellaio con operatore di impianti per la produzione
di carne, per adeguare il linguaggio alla sensibilità del pubblico.
A partire dalla prima era moderna, gran parte della lavorazione degli alimenti venne
nascosta allo sguardo del pubblico e nel momento in cui noi mangiamo un hamburger non ci
viene minimamente in mente il bovino che è stato disassemblato per produrlo.
Rifkin chiama il complesso bovino moderno male oscuro, in quanto è un male che viene
inflitto a distanza, camuffato da strati sovrapposti di veli tecnologici ed istituzionali;
tra chi commette questo male e chi lo subisce vi è lontananza di tempo e di luogo.
Secondo Rifkin, è probabile che il proprietario di una macelleria non avverta mai,
personalmente, la disperazione delle vittime della povertà e la disperazione delle
famiglie allontanate dalla propria terra per far spazio alle coltivazioni dei cereali per
i bovini destinati alle cucine delle nazioni più ricche. Allo stesso modo, il consumatore
che acquista una bistecca al supermercato probabilmente non si sente responsabile del
dolore provato dagli animali negli allevamenti moderni.
Nel nome del progresso e del profitto l'uomo, attraverso il complesso bovino, ha
trasformato il pianeta in una terra semidesertica, inadatta alla vita. Il toro e la vacca,
un tempo icone della nostra virilità e fertilità, sono stati trasformati in macchine per
produrre e poi ridotti a cose. Al giorno d'oggi, vacche e tori, dalla nascita alla
macellazione, sono trattati come prodotti industriali.
Finché ci baseremo soltanto sulla produttività industriale per considerare il nostro
rapporto con i bovini e le altre specie animali e vegetali, non saremo in grado di
sviluppare un'etica economica compatibile con le regole della sostenibilità del nostro
pianeta.
Per Rifkin, scegliere di non mangiare carne significa manifestare la volontà di creare
una nuova relazione con i bovini, trascendendo gli imperativi del mercato e la
dissolutezza del consumo. Liberare i bovini dal processo che li vuole castrati, senza
corna, irrorati d'insetticidi, imbottiti di ormoni e antibiotici e uccisi in un macello,
sarebbe come riconoscere i danni che noi uomini abbiamo procurato all'intero creato,
cercando il modo per avere potere assoluto sulla natura.
Dovremmo vedere la natura come una comunità primordiale di cui facciamo parte e
l'eliminazione della carne dovrebbe essere un passo avanti verso una nuova consapevolezza
del rapporto di comunione con gli altri esseri viventi con cui condividiamo il pianeta.
|